Italy 2014, l’Italia perde da prima

Foto Proietto
Italia – Repubblica Dominicana 2-3 (15-25/25-16/21-25/25-16/8-15)
Italia: Cardullo (L), De Gennaro, Folie 2, Centoni 15, Ferretti 1, Chirichella 5, Piccinini2 , Arrighetti 9, Lo Bianco 1, Del Core 11, Bosetti 11, Diouf 14. All.: Bonitta
Dominicana: Vargas 6, Fersola, Castillo (L), Marte 2, Arias 9, Angeles, Rivera 16, Pena, Mambru 12, De La Cruz 27, Binet, Martinez. All.: Kwiek
Arbitri: Al Rousi (UAE) – Rodriguez (ESP)
L’Italia saluta Roma da capolista, ma sconfitta. La Repubblica Dominicana si è rivelata, come da previsioni, una squadra estremamente ostica, disordinata, anarchica, ma con grandi colpi e con una De La Cruz in forma straordinaria. Non è stata di certo la migliore Italia, un tourbillon di cambi e soluzioni tattiche, cercate od imposte dagli eventi, che hanno alternativamento esaltato e depresso la formazione azzurra, ma non regalato una fisionomia definitiva a questa squadra. Guardando il bicchiere mezzo pieno, la sfida odierna è servita a fare minuti aggiuntivi sotto pressione e per vedere all’opera la Bosetti in una partita molto intensa.
Costagrande e Signorile le escluse di giornata, promossa invece la Diouf che scende in campo nel sestetto iniziale con Lo Bianco, Piccinini, Del Core, Cirichella e Arrighetti, Libero De Gennaro. Dopo la Germania, anche la Dominicana prende in contropiede nel set di apertura le azzurre; le ragazze di Bonitta, soffrono in tutti i reparti, poca reattività, poca ricezione, poca battuta, poco attacco, insomma poco. E’ una caduta libera che mette le ali alle caraibiche, il 7-16 al secondo time out tecnico la dice lunga sulla prestazione delle 12 in campo. Bonitta gioca la carta Bosetti, al posto della Piccinini, poi il cambio in regia con la Ferretti, ma le azzurre continuato a presentare il campionario completo di ciò che non si deve fare a pallavolo. Una piccola scarica elettrica viene dalla Centoni, serve solo a salvare minimamente la faccia nel parziale. Una brutta botta, le azzurre ne risentono anche in avvio di secondo parziale continuando a subire l’onda caraibica. Fortunatamente i segnali di ripresa non tardano a venire, purtroppo coincidono con l’infortunio della Del Core che obbliga il rientro della Diouf come martello. L’Italia ha una reazione prepotente, fatta di orgoglio, che fa ritrovare come di incanto colpi, automatismi e tanti, tanti punti. La Dominicana perde certezze e fluidità, indugia in disattenzioni letali non riuscendo ad arginare la marea azzurra. Si riparte dal 1-1 con una sfida completamente diversa, più equilibrata, più combattuta. La Diouf rimane in posto quattro, vagabondando alla ricerca del suo posto in difesa e copertura ma randellando impietosamente sulla linea offensiva, è il turno anche della Folie e c’è il tempo di vedere il doppio cambio con la Piccinini impiegata come opposto. E’ un punto a punto quasi isterico, lungo, intenso bello emotivamente ma non tecnicamente. Lo strappo è della Dominicana con De La Cruz, tre punti in sequenza a banda sfruttando la mancata capitalizzazione delle azzurre del cambio palla. E’ ancora lei a mettere giù la palla che vale il nuovo vantaggio. Altro giro, altra corsa, nuovi interpreti; Bonitta rimescola ancora le carte con la Diouf che torna al suo posto naturale ed a banda l’asse è formato da Bosetti e Del Core, al centro ritorna la Chirichella. L’Italia combatte, vuole crederci con le parole e con i fatti; la fase difensiva sale di livello, così come l’attacco. Crolla invece ricezione dominicana, che spalanca voragini che attirano punti: quelli azzurri; un pareggio che vale la matematica qualificazione al primo posto nel girone. Il Tie-break rigenera la Repubblica Dominicana, le caraibiche ritrovano efficienza in ricezione, poi è il braccio inarrestabile della De La Cruz a fare danni irreparabili. L’Italia combatte, cerca di arginare la potenza avversaria, ma non trova più frecce nella propria faretra, è arrivato il momento di arrendersi per la prima volta in questa manifestazione, ma da capolista. Chiusa la prima fase, si va a Bari, l’asticella si alza e c’è bisogno di un’altra Italia per cullare il sogno Milano.

Marco Benedetti