Riforma dei Campionati, papocchio o illuminismo?

Marco Benedetti

Dopo tanto tuonare ecco la pioggia: ciò che si era a lungo paventato ha preso sostanza con la ratifica del Consiglio Federale sulla “riforma” dei campionati di Serie A, maschile e femminile.
Ad una prima lettura dei comunicati diffusi dalla “triade” il giudizio non può che essere assolutamente negativo, evidenziando  compromessi tipicamente italiani e soluzioni inutili. Ma i comunicati, si sa, devono essere sintetici, non potendo percorrere il sentiero dell’analiticità necessaria a capire le fondamenta delle decisioni assunte. Andando nel profondo potrebbe verificarsi il caso che il progetto guardato all’interno sia molto più illuminato di quanto sembri, che non sia il frutto di un accordo da “Villa Arzilla”. Il testo della delibera, però, ci lascia molti dubbi sulla effettiva capacità innovativa di Federazione e Leghe, con soluzioni all’apparenza inefficaci a dare impulso e vigore al movimento. Per una commento più serio ed approfondito sarebbe utile che la “triade” ci fornisse elementi aggiuntivi, in particolare:
1. studi finanziari che giustifichino la valenza delle decisioni assunte e che evidenzino strumenti di risparmio economico delle società;
2. le valutazioni in merito all’appeal per il pubblico di una regular season nella sostanza inutile e senza retrocessioni;
3. utilità concreta e verificabile di un pacchetto di 30 licenze di atleti under 23 stranieri, nel numero fissato e per lo sviluppo del settore giovanile nostrano;
4. utilità concreta e sperata della politica degli “OVER”;
5. modalità di distribuzione degli incentivi per le società virtuose in tema di giovanili.
Tutti aspetti che necessitano di approfondimento puntuale, ma argomenti non esaustivi, visto che nelle delibere della “triade” i provvedimenti per le problematiche amministrative e di insolvenza rimangono, con gli opportuni distinguo tra maschile e femminile, all’acqua di rose e non vi è traccia di innovazione seria per ciò che riguarda la promozione vera del movimento nelle scuole e presso il pubblico sportivo. Tutto resta fermo, nessuna innovazione sul marketing utile ad attrarre atleti in erba, sponsor, pubblico ed informazione, lasciando tutto sulle spalle del costoso settimanale virtuale realizzato dai soliti amici, parenti ed amici degli amici. Una “riforma” dovrebbe prendere in esame anche questi aspetti come obbligo imprescindibile di tutti i partecipanti a campionati di eccellenza.
A conclusione, la sensazione a caldo è quella del solito papocchio all’italiana, carente di solide fondamenta, ma si sa, a caldo si può sempre sbagliare. Cia auguriamo che il futuro dimostri l’inconsistenza delle nostre sensazioni e che la realtà dei fatti permetta di far ricredere i più.